9 Maggio 2016

Primavalle rifiorisce con padre Max e il Borgo dell’accoglienza

La Chiesa di S. Maria Assunta e San Giuseppe è a Roma, nella borgata di Primavalle. Padre Massimiliano Parrella, dell'Opera don Calabria, è il motore di una macchina che, col lavoro di una squadra di volontari, porta cibo, servizi e attenzione alla persona, in un contesto difficile e degradato.

Il quartiere Primavalle, stretto tra via di Boccea e via Trionfale a nord ovest di Roma, rappresenta con i suoi 60.00 abitanti una delle dodici borgate ufficiali della città. Per borgate ufficiali, si intendono quei luoghi dell’agro romano dove dal 1924 al 1937 furono realizzati edifici popolari con lo scopo di insediarvi gli abitanti del centro, allora oggetto di demolizione e ristrutturazione urbanistica.

Gli abitanti di Primavalle, provenivano dai luoghi dove furono realizzate via della Conciliazione e via dei Fori Imperiali, ed erano quei cittadini, che potevano dichiarare a pieno titolo di essere i romani.

Purtroppo, questo insediamento urbano forzato conclusosi negli anni 50, restituì ai suoi abitanti un territorio povero e isolato a forte rischio di emarginazione sociale, tanto da essere definito “la montagna del sapone” per indicarne l’estremo disagio.

Era normale vedere file di poveri davanti alle parrocchie in attesa di ricevere cibo e indumenti e i più anziani ancora raccontano che il regista Rossellini, che aveva scelto il quartiere per girare Europa 51 con Ingrid Bergman, regalava soldi per strada scioccato da tanta povertà. Una povertà a tratti superata, ma mai risolta, in un territorio vittima dell’abbandono delle istituzioni e della “mala politica.” È proprio qui che negli anni 80 nasce Massimiliano Parrella, cresce in quelle strade con file interminabili di panni stesi alle finestre, corre nei prati tra i palazzoni grigi di cemento. Poi il giovane Massimiliano diventa padre Max, sacerdote della chiesa S . Maria Assunta e San Giuseppe, in via Monti di Primavalle, cuore della borgata. Padre Max conosce profondamente il quartiere, sa quanto siano grandi il bisogno di riscatto, la solitudine, la paura del futuro. Fin dal primo giorno si rimbocca le maniche e lavora nella sua chiesa per integrarla profondamente nel territorio in cui sorge. Nessuna realtà deve essere estranea alla vita della parrocchia. Le iniziative cominciano a fiorire e le parole d’ordine sono giovani, famiglie, malati, detenuti, coppie e sposi, disabili, lavoro, anziani, poveri. Ad ognuna di queste categorie rivolge un pensiero, un sostegno. Ma è soprattutto ai giovani che guarda. È accanto a loro che progetta e sogna il futuro del suo quartiere. E sono tanti quelli che fanno capo alla parrocchia vivendola come una seconda casa, in nome di una relazione che è alla base del cammino verso la spiritualità.

L’amicizia con Gesù come la definisce padre Max , avvicinarsi a lui tutti insieme per comprendere profondamente il rito e la liturgia. E poi ci sono i poveri, tornati ad essere in questi ultimi anni più che numerosi. E per loro grazie alla collaborazione con i sacerdoti del “Collegino”, con le suore e i volontari è nato il Borgo dell’Accoglienza.

Il Borgo, in seno alla struttura il Collegino fondata da Don Giovanni Calabria è il luogo dove fermarsi per chi vive in strada, dove le famiglie in difficoltà vengono ascoltate nella loro richiesta di aiuto. Vicino ai locali della grande mensa del Don Calabria, il Borgo oltre a distribuire cibo e vestiti ha il ruolo di centro diurno dove chi vive per strada può concedersi una sosta. Sono in tanti a sedere al grande tavolo davanti ai locali dell’associazione prima e dopo aver mangiato a mensa. Sono donne sole, persone che hanno perso il lavoro, giovani e meno giovani con un passato legato alle droghe, anziani. Ma anche padri di famiglia temporaneamente disoccupati pronti a mettersi in fila per il pacco viveri del giovedì. Dentro, alimenti di prima necessità. Latte e biscotti per chi ha bambini, omogenizzati quando è possibile, e poi pasta olio pomodoro per tutti. Un lavoro duro per i volontari , frutto di grande organizzazione. E chi vive per strada può usufruire anche del servizio docce e barberia con la possibilità di lavare e stendere i propri indumenti.

E padre Max, è sempre presente in quelle stanze, anche quando non è lì. Il suo nome risuona nelle parole dei presenti che lo indicano come un prete bravo, anzi bravissimo e in molti si preoccupano per la sua salute e per quel suo cuore fragile che non conosce la parola riposo. Quel cuore matto ma grande, dove c’è spazio per tutti senza dimenticare nessuno, nel nome di una fratellanza che vuole diventare comunanza e condivisione di vita.

9 Maggio 2016
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